#28 - Il protagonista della zappa
Quando all'inizio è stato chiesto quale sarebbe stata la cosa che avrei preso in esame, in mente avevo due cose principalmente: la zappa e l'aratro. Ma entrambi gli oggetti riconducevano alla mia famiglia e, principalmente, ad una persona: mio nonno, Pasquale D'Onofrio.
Nato nel 1930 e nono di 11 figli, crebbe come mezzadro della famiglia "Tàccalit" come suo padre e suo nonno prima di lui. Dopo la seconda guerra mondiale, decise di cambiare la sua situazione riuscendo a passare i vari controlli e partire per l'Australia nel 1962 sapendo solo "mettere il giogo alle mucche e lavorare la terra", come dice sempre lui quando racconta queste storie. Dopo aver lavorato 4 anni lì, passando dai mulini Wittnoom alla costruzione di strade per il governo fino alla raccolta di ferro nella regione del Pilbara, torna in Abruzzo e acquista diversi appezzamenti di terra dove oggi continuiamo a lavorare e produrre vino, olio e ogni forma di colture possibili.
Ancora oggi racconta commosso della situazione difficile che c'era in questo territorio, sia prima che dopo la guerra, della difficoltà del lavorare come mezzadro e della forza della gente nel rispondere alle avversità, cercando di guadagnare quei pochi soldi per far mangiare le famiglie, zappando tutto il giorno senza neanche fermarsi. E a quasi 90 anni non vuole ancora farlo, resta sempre vigile e pronto a scendere in campo con una delle sue più fedeli collaboratrici.
Nato nel 1930 e nono di 11 figli, crebbe come mezzadro della famiglia "Tàccalit" come suo padre e suo nonno prima di lui. Dopo la seconda guerra mondiale, decise di cambiare la sua situazione riuscendo a passare i vari controlli e partire per l'Australia nel 1962 sapendo solo "mettere il giogo alle mucche e lavorare la terra", come dice sempre lui quando racconta queste storie. Dopo aver lavorato 4 anni lì, passando dai mulini Wittnoom alla costruzione di strade per il governo fino alla raccolta di ferro nella regione del Pilbara, torna in Abruzzo e acquista diversi appezzamenti di terra dove oggi continuiamo a lavorare e produrre vino, olio e ogni forma di colture possibili.
Ancora oggi racconta commosso della situazione difficile che c'era in questo territorio, sia prima che dopo la guerra, della difficoltà del lavorare come mezzadro e della forza della gente nel rispondere alle avversità, cercando di guadagnare quei pochi soldi per far mangiare le famiglie, zappando tutto il giorno senza neanche fermarsi. E a quasi 90 anni non vuole ancora farlo, resta sempre vigile e pronto a scendere in campo con una delle sue più fedeli collaboratrici.
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